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L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata, salva l'eccezione dei contratti collettivi dell'ex pubblico impiego introdotta dall'art. 68, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 23, aggiunto dall'art. 29 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che l'art. 34 del Ccnl del 1992 per il settore grafico, così come l'art. 36 del Ccnl del 1996, nel disporre che il Tfr si computa sommando per ciascun anno una quota di retribuzione, dovesse essere interpretato alla luce della nozione di retribuzione definita dai medesimi Ccnl come quanto complessivamente percepito per la prestazione lavorativa nell'orario normale, con conseguente esclusione della possibilità di computare nel Tfr il compenso per lavoro straordinario che, per definizione, non è percepito per la prestazione resa nell'orario normale). (Cass. 11/3/2004 n. 5004, Pres. Capitanio Rel. Celentano, in Dir. e prat. lav. 2004, 2157)
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L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è rimessa al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione o per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che, in tema di rapporto di lavoro dei dipendenti delle Ff. Ss., aveva ritenuto dovuta nella misura massima della terza l'indennità di posizione prevista dall'accordo sindacale del 13 maggio 1993 per i Dirigenti centrali coordinatore trazione (Dcct) in favore del ricorrente, il quale aveva successivamente acquistato una diversa qualificazione rientrante nei Dirigenti centrali trasposto (Dct), sostenendo -con motivazione immune da vizi- la continuità tra le posizioni professionali Dcct e Dct sulla base dell'Accordo del 3 marzo 1995). (Cass. 26/1/2004 n. 1355, Pres. Ciciretti Rel. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2004, 1443)
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In tema d'interpretazione dei contratti collettivi, l'individuazione della comune intenzione delle parti, in considerazione della loro peculiare natura e della specificità dell'oggetto della contrattazione, non è sempre facilmente individuabile facendosi ricorso al solo criterio letterale; in tal caso il canone ermeneutico dettato dall'art. 1363 c.c. assume una portata ancora più incisiva. (Cass. 9/5/2002, n. 6656, Pres. Mercurio, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 14, con nota di Cristina Saisi, Clausole collettive in materia di contribuzione sindacale e criteri della relativa interpretazione).
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In tema d'interpretazione degli atti negoziali, l'art. 1362 c.c., nel prescrivere all'interprete di non limitarsi al senso letterale delle parole, non intende svalutare l'elemento letterale nell'interpretazione, ma anzi ribadire il valore fondamentale e prioritario che esso assume nella ricerca della comune intenzione delle parti, onde il giudice può ricorrere ad altri criteri ermeneutici solo quando le espressioni letterali non siano chiare, quando le suddette esporessioni si presentino univoche secondo il linguaggio corrente, il giudice può attribuire alle parti una volontà diversa da quella risultante dalle parole adoperate soltanto se individua ed esplicita le ragioni per le quali predette parti, pur essendosi espresse in un determinato modo, abbiano in realtà inteso manifestare una volontà diversa. (Cass. 2/8/2002, n. 11609, Pres. Ciciretti, Rel. Di Iasi, in Lav. nella giur. 2003, 73)
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Nell'interpretazione del contratto collettivo è utilizzabile anche il criterio del comportamento posteriore delle parti di cui all'art. 1362, secondo comma, c.c., quest'ultimo potendo essere integrato da un successivo contratto collettivo che presupponga una determinata interpretazione di una complessa ed organica disciplina di istituti contrattuali articolata nel tempo e nel corso di più contratti collettivi. (Cass. 5/2/00, n. 1311, pres. Santojanni, est. De Matteis, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 712)
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L'interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione coerente e logica. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto carente la motivazione del giudice di merito il quale, in relazione al contratto collettivo del 26 novembre 1994 dei postelegrafonici, aveva omesso di verificare se alle tre posizioni retributive differenziate esistenti all'interno dell'area operativa corrispondessero differenti qualifiche collegate a mansioni afferenti a distinti profili professionali, omissione rilevante in quanto, se così fosse risultato, la norma inderogabile contenuta nell'art. 2103 c.c. non avrebbe consentito di considerare equivalenti, ai fini dell'inquadramento, mansioni diverse, ciascuna corrispondente ad un diverso livello retributivo). (Cass. 17/3/2003, n. 3918, Pres. Sciarelli, Rel. Balletti, in Lav. nella giur. 2003, 675)
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Nell'interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro - la quale spesso è articolata su diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale etc.), regola una materia vasta e complessa in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa, e utilizza il linguaggio delle cosiddette relazioni industriali, non necessariamente coincidente con quello comune - assume un rilievo preminente il criterio, dettato dall'art. 1363 c.c., dell'interpretazione complessiva delle clausole, mentre il criterio letterale cui fa riferimento l'art. 1362 non deve essere utilizzato in contrasto con la finalità della ricerca della concorde volontà delle parti contraenti - secondo il medesimo articolo costituente l'obiettivo dell'attività ermeneutica -, e trascurando la frequente mancanza di una chiara corrispondenza tra il tenore testuale delle espressioni e la volontà delle parti (Cass. 9/8/00, n. 10500, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 30)
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All'interpretazione della contrattazione collettiva, che, anche quando è di diritto comune, ha una funzione di "norma regolamentare settoriale", non sono automaticamente estensibili le regole ermeneutiche proprie dell'interpretazione dei negozi di diritto privato, e, ove si prospettino più interpretazioni, deve preferirsi quella rispondente al criterio dell'armonizzazione tra la clausola della disciplina settoriale - cioè della clausola contrattuale- e le regole di portata generale che connotano il diritto vivente del lavoro (Nella specie, con la sentenza impugnata era stato riconosciuto il diritto di un dipendente delle Ferrovie dello Stato all'inquadramento in una categoria superiore per lo svolgimento per oltre 90 giorni delle relative mansioni in sostituzione di dipendenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro, poiché l'azienda, in violazione dell'art. 41 del contratto collettivo, non gli aveva comunicato, prima dell'inizio dello svolgimento delle mansioni superiori, i nominativi dei dipendenti sostituiti, con la specificazione dei corrispondenti incarichi; la S.C. ha confermato tale decisione, rilevando che il giudice di merito aveva interpretato la clausola contrattuale come impositiva di rigide garanzie, e cioè come diretta alla salvaguardia più piena della dignità del lavoratore in caso di esercizio dello "ius variandi", disattendendo invece l'ipotesi interpretativa formulata dal datore di lavoro, che prospettava l'esigenza di un contemperamento degli interessi delle parti, con il riconoscimento anche delle esigenze di funzionalità aziendale) (Cass. 18/7/0, n. 9430, pres. Trezza, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 893)
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Ai fini dell'applicazione dell'art. 64, D.Lgs. n. 165/2001, relativo al rinvio pregiudiziale all'Aran in caso di questioni attinenti all'efficacia, validità od interpretazione di clausole di contratto collettivo, la normativa contrattuale sottoposta al vaglio del giudicante, poiché interamente pattizia e di tipo privatistico, deve essere innanzitutto interpretata dal giudice alla stregua delle ordinarie regole di ermeneutiche fissate dagli artt. 1362 ss. c.c. Soltanto ove, dopo aver applicato i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362-1365 c.c., non si possa attribuire alla norma contrattuale un significato univoco, essendo la stessa priva di alcun significato o ammettendo una pluralità di significati tutti astrattamente conformi alla comune intenzione delle parti, deve ritenersi che il contenuto della norma sia oscuro con conseguente attivazione del meccanismo pregiudiziale. (Trib. Gorizia 8/1/2002, Est. Masiello, in Lav. nella giur. 2003, 254, con commento di Domenico Pizzonia)
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Sulla base dei principi in tema di interpretazione dei contratti ex art. 1362 ss. c.c., non è ammissibile l’interpretazione analogica di un contratto integrativo aziendale (Pret. Parma 19/5/98, est. Ferraù, in D&L 1998, 999, nota Pavone)
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L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è devoluta al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni dei canoni di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non sufficientemente né logicamente motivata la sentenza di merito che, escludendone la natura retributiva, aveva attribuito all'indennità di cantiere corrisposta ai lavoratori dipendenti dell'Enel natura di rimborso spese, essendosi detta sentenza fondata sul rilievo che l'indennità è prevista nella stessa disposizione contrattuale che prevede i rimborsi, senza considerare che ai lavoratori che operino in determinate condizioni possono essere corrisposti tanti rimborsi spese che indennità volte a compensare le particolari modalità della prestazione. La Corte ha inoltre ritenuto che non rileva la previsione della fissazione in sede locale dell'esatta misura dell'indennità stessa, tra il minimo ed il massimo previsto dal CCNL, giustificandosi tale variabilità con la possibilità di differenziazione delle condizioni di lavoro nei vari cantieri). (Cass. 27/8/2002, n. 12573, Pres. Ciciretti, Rel. Celentano, in Lav. nella giur. 2003, 73)
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L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è devoluta al giudice di merito ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione e per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza del giudice di merito il quale, avendo ritenuto, sulla base dell'interpretazione letterale del Ccnl del 1994, che con esso le parti avessero inteso sopprimere retroattivamente i csompensi premiali previsti dalla precedente contrattazione collettiva nazionale, aveva riconosciuto il diritto dei ricorrenti-dipendenti delle Ferrovie dello Stato andati in pensione negli anni 1993-1994-a percepire gli elementi retributivi premiali previsti dall'art. 33, secondo comma, lettera n, del Ccnl del 1990-1992 dalla data di maturazione del diritto fino alla data del loro collocamento a riposo, ritenendo che il diritto al compenso premiale fosse già entrato nel patrimonio dei lavoratori al momento della cessazione del rapporto. (Cass. 3/2/2003, n. 1557, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli, in Lav. nella giur. 2003, 570)
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Nell'interpretazione del contratto collettivo è prioritario e prevalente il criterio di coerenza tra atto da interpretarsi e valori fondamentali del diritto vivente del lavoro la cui violazione è censurabile in sede di legittimità (nel caso di specie, il c.c.n.l. del 1995 per i dipendenti del Casinò di Sanremo disponeva l'automatica sospensione dal lavoro del dipendente colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere; una volta che questi era stato rimesso in libertà, il datore aveva rifiutato di riammetterlo in servizio; sulla base dell'art. 29 del citato c.c.n.l. la S.C. ha statuito l'onere del datore di lavoro di comunicare al dipendente le ragioni che ostano alla revoca della sospensione e alla ripresa dell'attività lavorativa). (Cass. 1/7/2002, n. 9538, Pres. Prestipino, Est. Guglielmucci, in Riv. it. dir. lav. 2003, 501, con nota di Andrea Pardini, Interpretazione della clausola collettiva ambigua secondo il criterio di armonizzazione)